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Legge “salva suicidi”, luci e ombre!

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Il 28 gennaio 2015 è entrato in vigore il cosiddetto procedimento di esdebitazione.

Questo procedimento, cioè la legge 3/2012, viene comunemente definito come “salva suicidi” in quanto delinea, per dirla in breve, i modi e le procedure per salvarsi (forse!) dai debiti.

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In pratica, questa legge, che si propone di trovare soluzioni per i contribuenti in crisi per sovraindebitamento è, di fatto, l’unico strumento legale, a parte eventuali condoni, rottamazioni di cartelle o paci fiscali, che consenta a chi è pesantemente indebitato e si trovi in gravi difficoltà economiche, di cercare, se non proprio trovare, una soluzione accettabile.

L’argomento, di grande interesse per la sua stessa natura, acquista in questo particolare periodo storico, afflitto dalla pandemia, una valenza addirittura esistenziale e, in alcuni casi, un’ancora di salvezza per chi si trovi davvero nei guai e non sia più in grado di far fronte ai propri debiti.

Questa legge, chiamata, come abbiamo detto, legge salva suicidi, è stata promulgata  proprio con l’intento di rispondere a queste situazioni.

Ma vediamo, in sintesi, che cosa prevede la normativa in oggetto e in quali casi può esserci davvero d’aiuto.

Intanto, diciamo subito che per crisi di sovraindebitamento si intendono le situazioni di squilibrio tra obblighi assunti verso i creditori e la capacità del debitore di farvi fronte sulla base delle proprie reali disponibilità economiche e patrimoniali.

Dunque, le regole previste dal testo della legge 3/2012 permettono ai privati cittadini di stipulare accordi con i creditori per il pagamento dei debiti insoluti senza che questo implichi, sia ben chiaro, la cancellazione ‘tout court’ del debito.

Che cosa significa questo? Significa che la legge sul sovraindebitamento prevede la possibilità di pagare i debiti modulandoli e riducendoli sulla base delle proprie reali disponibilità. 

In che modo?

Prendiamo il caso più ovvio di questi tempi, cioè una sopraggiunta  impossibilità di onorare i propri debiti verso banche o Equitalia: i privati cittadini hanno la possibilità di stipulare un piano di pagamento verso i creditori proponendo un accordo di ristrutturazione dei debiti sulla base di un piano sopportabile da parte del debitore.

Debitore che deve essere un privato cittadino, ovvero artigiani, agricoltori, commercianti che possono in tal modo rivolgersi, salvo accordi diretti fra le parti, al tribunale che, effettuati i dovuti accertamenti, potrà definire un piano di rientro creditizio commisurato alle reali possibilità economiche del debitore.

I creditori, dall’altra parte, non riceveranno l’intera somma cui hanno diritto, ma solo la parte che realisticamente il debitore può permettersi di pagare.

Tra i creditori si possono annoverare anche le banche: se, a titolo esemplificativo, un privato ha contratto un mutuo di 100mila euro che non riesce più a pagare a causa di un’effettiva difficoltà economica, egli può proporre all’istituto una riduzione della somma. Molto spesso alla banca, a causa della crisi che affligge il settore immobiliare, converrà infatti raggiungere un accordo con il cittadino che vendere successivamente l’immobile all’asta.

Lo stesso discorso vale per Equitalia che non potendo effettuare un pignoramento sulla prima casa riuscirebbe perlomeno a rientrare in possesso di una parte della somma.

Per quanto riguarda i fornitori la legge salva-suicidi prevede delle agevolazioni fiscali dovute al fatto che essi percepiranno delle cifre inferiori rispetto a quelle pattuite in origine. Insomma, da un lato il cittadino potrà ripagare i propri debiti in base a quanto realisticamente può permettersi, dall’altro i creditori riusciranno a recuperare parte dei propri soldi.

Va comunque precisato, che le disposizioni della legge salva suicidi si rivolgono ai soggetti non fallibili, ovvero privati che non svolgono attività professionale o imprenditoriale e ad enti e imprese che non svolgono attività commerciale e che quindi sono escluse dalla possibilità di ricorrere alla Legge Fallimentare.

Sono esclusi dal piano di rientro che abbiamo illustrato anche i soggetti sottoposti a procedure concorsuali, coloro che hanno usufruito della legge negli ultimi 5 anni o che, pur ammessi ai benefici, ne sono decaduti per insolvenza e coloro che non hanno prodotto la documentazione utile a quantificare il debito e a ricostruire la propria situazione patrimoniale ed economica.

In definitiva, va ricordato che il piano del consumatore può essere utilizzato da una persona fisica (esclusi dunque professionisti, associazioni, imprenditori agricoli e piccoli commercianti) che non riesce a ripagare i propri debiti o che si trova in una “situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile”.

Condizione, come detto, per accedere al piano è che il debito non provenga da un’attività professionale o imprenditoriale.

Il debitore avrà inoltre la possibilità di “mettere sul piatto” eventuali crediti futuri, come per esempio il Trattamento di Fine Rapporto (TFR).

Per quanto riguarda invece l’accordo di ristrutturazione dei debiti può essere utilizzato sia dai privati cittadini che da professionisti, associazioni, start up innovative, imprenditori agricoli e piccoli commercianti. In questo caso, tramite un avvocato, ci si dovrà rivolgere al Tribunale che avrà il compito di approvare e valutare la richiesta.

A differenza del piano del consumatore, l’accordo di ristrutturazione del debito necessita dell’assenso dei creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti.

Liquidazione del patrimonio

Oltre alle due procedure sopra descritte, privati, professionisti e piccoli imprenditori in situazioni di insolvenza conclamata possono accedere alla procedura di liquidazione del patrimonio. Quest’ultima prevede che il debitore metta a disposizione tutti i propri beni e tutti i propri crediti, eccetto quelli necessari per mantenere la famiglia.

Liquidando il proprio patrimonio, verranno cancellati i debiti che il cittadino non è in grado di ripagare.

Certo, come dice un vecchio detto “piuttosto che niente è meglio … piuttosto”, ma è senz’altro un meccanismo elitario e complesso quello che, nella realtà drammatica di questi tempi,  dovrebbe andare incontro a quei tanti che, purtroppo e senza colpe particolari, si stanno trovando in difficoltà più grandi di loro!

Roberto Timelli

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