Home Enogastronomia Tartufo: gusto e raffinatezza!

Tartufo: gusto e raffinatezza!

202
0
L\'articolo è offerto da

Gioiello indiscusso e preziosissimo dei nostri boschi e delle nostre tavole, il tartufo è certamente uno dei prodotti alimentari più pregiati.

Per dirimere alcuni dubbi in merito, diciamo subito che il tartufo è un fungo (fungo ipogeo, per l’esattezza) che vive sotto terra in simbiosi con le radici di alcune piante, alcune delle quali ne favoriscono, più di altre, lo sviluppo:

L\'articolo è offerto da
  • Per la varietà bianca
    Farnia, cerro, rovere, roverella, pioppo bianco, pioppo nero, pioppo carolina, pioppo tremulo, salicone, salice bianco, tiglio, carpino nero, nocciolo.
  •  
  • Per la varietà nera
    Roverella, leccio, cerro, tiglio, nocciolo, carpino nero, cisto.

Il tartufo presenta una massa carnosa detta “gleba”, composta per l’80% da acqua, rivestita da una sorta di corteccia chiamata “peridio”, che può assumere caratteristiche diverse da specie a specie e a seconda del tipo di terreno in cui cresce. Oltre che da acqua, il tartufo è costituito da fibre e sali minerali forniti dall’albero con cui vive in simbiosi. Questo rapporto, noto come micorriza, porta benefici sia al fungo che alla pianta.

La forma del carpoforo, cioè il corpo fruttifero, è condizionata dalle caratteristiche del terreno in cui si sviluppa, per cui avrà, tendenzialmente, forma sferica se ospitato in un terreno morbido e sarà piuttosto bitorzoluto se cresciuto in un terreno duro o pietroso.

Un’altra caratteristica curiosa del tartufo è la sua elevata sensibilità: il prezioso fungo non tollera l’inquinamento ambientale e pertanto è impossibile che cresca in zone insalubri. Insomma, una vera e propria sentinella della natura.

Periodo di raccolta

Ogni anno, con l’arrivo dell’autunno, si ravviva la voglia di sentirne il profumo e gustarne l’aroma, davvero unico e straordinario.

Ma il mondo dei tartufi non è semplice come si potrebbe immaginare, a cominciare da chi, come e quando lo può raccogliere.

Infatti, per poterli cercare la legge, in Italia, dice che bisogna superare un esame e conseguire un apposito patentino. Quindi, se non abbiamo il patentino dovremo rassegnarci a ‘studiarlo’ solo per essere più preparati al momento dell’acquisto.

Esiste inoltre un calendario ufficiale per la raccolta del tartufo. Le date possono variare a seconda della varietà in questione: generalmente vanno dalla fine di settembre a gennaio e da dicembre a marzo, eccezion fatta per lo scorzone che è estivo.


La raccolta è vietata invece – per tutte le specie – dal 1 maggio al 31 maggio e dal 1 settembre al 20 settembre.

Come è noto, il pregiatissimo tartufo non è coltivabile, almeno nel senso più stretto del termine. Va detto comunque che sono sempre più diffuse le ricerche che riguardano la tartuficoltura che si propone l’obiettivo di creare un habitat favorevole alla crescita dei tartufi e poterli così coltivare. 

Dove trovarlo

Quando parliamo di tartufi italiani inevitabilmente pensiamo ad Alba, in provincia di Cuneo, sicuramente la zona di produzione più nota e importante (insieme alla provincia di Asti e parte della provincia di Torino), ma non l’unica. Infatti troviamo tartufi anche in alcune zone di Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e in gran parte del centro Italia, cioè Umbria (Città di Castello, Gubbio e Norcia), Marche (ad Acqualagna soprattutto), oltre che in Abruzzo e Molise.

Per quanto riguarda il tartufo nero, è particolarmente diffuso in Molise e in Umbria, sia che si tratti del cosiddetto scorzone (la varietà estiva), o del più pregiato Tuber melanosporum.

Le principali tipologie di tartufo

In natura esistono numerose specie di tartufo, ma non tutte sono pregiate e commestibili. Le specie commestibili sono solamente nove e di queste soltanto sei sono attualmente disponibili sul mercato:

  • Il tartufo bianco pregiato  (Tuber Magnatum Pico), conosciuto anche come Tartufo bianco d’Alba, che viene raccolto da settembre a gennaio.
  • Il tartufo Bianchetto o Marzuolo o Tuber Borchii Vittadini.
  • Il tartufo Nero Pregiato  (Tuber Melanosporum Vittadini), conosciuto anche come Tartufo nero invernale, raccolto da novembre a metà marzo.
  • Il tartufo Nero Estivo (Tuber aestivum Vittadini)
    conosciuto anche come Tartufo Scorzone, raccolto da maggio a dicembre.
  • Il tartufo nero invernale o Tuber Brumale Vittadini.
  • Il tartufo nero liscio o Tuber Macrosporum Vittadini.

Ciascuna di queste tipologie ha le proprie caratteristiche organolettiche, le proprie piante simbiotiche, i propri luoghi di raccolta e prezzi di riferimento. 

I tartufi del deserto: le terfezie

Tra le tipologie di tartufo sono incluse anche le terfezie, funghi appartenenti alla famiglia delle Terfeziaceae, meglio note come tartufi del deserto proprio perché crescono nelle aree desertiche e semidesertiche d paesi che si affacciano sul Mediterraneo. I tartufi del deserto sono apprezzati quanto i tartufi classici e sono protagonisti di numerose ricette, soprattutto nell’area Mediterranea, anche se il loro valore sul mercato è generalmente inferiore.

Conservazione

La prima cosa da tenere presente è che il tartufo va consumato fresco, quindi prima possibile.

In ogni caso, per conservarlo ci sono alcuni accorgimenti come: avvolgerlo in un tovagliolo di carta, da cambiare quotidianamente, e tenerlo in frigorifero in un barattolo di vetro, non oltre, però, il periodo di 7 giorni.

 

La ‘Borsa del Tartufo’

Il tartufo, come si sa, è un prodotto pregiato e il suo costo è inevitabilmente elevato, soprattutto nella varietà del tartufo bianco.

Ma come viene determinato il suo prezzo?

In realtà, esiste una vera e propria ‘Borsa del Tartufo’ che nel periodo autunnale determina, di settimana in settimana, le quotazioni del fungo più prezioso che ci sia. Naturalmente, il prezzo e le sue conseguenti oscillazioni sono influenzate dall’andamento stagionale e climatico. Il costo di un tartufo bianco si basa principalmente sulla pezzatura, ma si valutano anche colore, forma e grado di maturazione.

Il tartufo in cucina

Le ricette per impiegare il tartufo in cucina cambiano a seconda delle regioni e delle diverse tradizioni. In linea generale è preferibile non abbinarlo a ingredienti e preparazioni troppo forti, che rischierebbero di coprirne l’aroma.

Il tartufo nero, per esempio, può essere tritato con funghi e olio d’oliva e adagiato su crostini caldi, oppure può costituire il condimento per piatti di pasta e arrostii.

Il tartufo bianco si esalta con le ricette della cucina tradizionale piemontese: battuta al coltello, tajarin in bianco, fonduta e uova fritte.

L’origine del nome

L’origine del nome “tartufo” è piuttosto misteriosa. In genere si ritiene che il termine derivi dal latino terrae tufer, poi volgarizzato in territùfru, che significa letteralmente “escrescenza della terra”.

Secondo altre interpretazioni, il termine deriverebbe da terra tufule tubera, locuzione che mette in evidenza la somiglianza del tartufo col tufo, un tipo di roccia porosa diffusa nei terreni vulcanici. In ogni caso, dopo varie evoluzioni, si arrivò, nel Seicento, al termine italiano tartufo.

Tartufo: fungo o tubero?

Sono ancora molto dibattuti e diffusi i dubbi circa la corretta classificazione del tartufo: è un fungo o un tubero? Il nome scientifico Tuber trae spesso in inganno e induce molti a considerare il tartufo un tubero. In realtà, il tartufo è un fungo veroeproprio, come dimostra il fatto che condivida con gli altri funghi tantissime caratteristiche. Il nome Tuber ha il solo scopo di riconoscere  che il corpo fruttifero di questi funghi assomigli molto, nella forma,  ad un tubero.

Il tartufo e la sua Storia

Il tartufo è un frutto della terra conosciuto sin dai tempi più antichi.

Le prime testimonianze scritte risalgono al 1600-1700 a.C, ai tempi dei Sumeri che utilizzavano il tartufo mischiandolo ad altri vegetali quali orzo, ceci, lenticchie e senape.

Plutarco azzardò l’affermazione che il “tubero” nascesse dall’azione combinata dell’acqua, del calore e dei fulmini dando origine a bizzarre teorie  condivise o contestate anche da Plinio, Marziale, Giovenale e Galeno.

In ogni caso, il loro “tuber terrae” non era il profumato tartufo di cui noi oggi ci occupiamo, bensì la “terfezia Leanis” (Terfezia Arenaria) o specie consimili che abbondavano in Africa Settentrionale e raggiungevano il peso di tre-quattro chilogrammi. Sì comprende bene il perché fossero molto apprezzate (al punto da essere chiamate “il cibo degli dei”), visto che a quei tempi erano del tutto sconosciuti i tuberi di origine americana, quali la patata ed i tapinambur.

Il Tuber magnatum Pico, insomma, non entrò mai a far parte delle pur raffinatissime ricette romane.

Nel frattempo, gli studi sul tartufo si moltiplicarono. Plinio il Vecchio lo definì “callo della terra”, mentre Giovenale si infatuò a tal punto da affermare che “era preferibile che mancasse il grano piuttosto che i tartufi”.

Quasi dimenticato nel Medioevo, il tartufo si rilanciò nel Rinascimento quando il gusto della buona tavola fece conquistare al tartufo il primo posto tra le pietanze più raffinate.

Nel ‘700, il tartufo Piemontese era considerato, presso tutte le Corti europee, una prelibatezza.

Non a caso, tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII sec., i sovrani italiani Vittorio Amedeo II e Carlo Emanuele III si dilettavano nell’organizzare vere e proprie battute di raccolta.

Il Conte Camillo Benso di Cavour, durante la sua attività politica, utilizzò il tartufo quale mezzo diplomatico mentre Lord Byron lo teneva sulla scrivania perché il profumo lo aiutasse a destare la sua creatività.

Nel 1780 venne pubblicato, a Milano, il primo libro riguardante il Tartufo Bianco d’Alba, battezzato col nome di Tuber Magnatum Pico (Magnatum – ossia dei “magnati”, cioè persone abbienti, mentre Pico si riferisce al piemontese Vittorio Pico, il primo studioso che si occupò della sua classificazione).

Infine, un naturalista dell’orto botanico di Pavia, il Dottor Carlo Vittadini, pubblicò nel 1831 la “Monographia Tuberacearum”, l’opera che gettò le basi dell’idnologia, la scienza che si occupa dello studio dei tartufi, descrivendone 52 specie diverse.

Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba

Costituisce una delle principali vetrine dell’alta gastronomia e delle eccellenze italiane e si svolge fra ottobre e novembre. Comprende anche il Mercato Mondiale del Tartufo Bianco d’Alba, che offre la possibilità, davvero unica, di apprezzare e acquistare il meglio dei tartufi provenienti dai boschi di Langhe Roero e Monferrato.
All’interno del Mercato del Tartufo viene poi organizzato, ogni anno, l’Alba Truffle Show, cioè uno spazio dedicato ai grandi chef e alle loro interpretazioni culinarie a base di tartufi.

Di grande attrattiva è anche la Wine Tasting Experience e i vari gemellaggi con numerosi territori d’eccellenza enogastronomica.

Mercato Mondiale del Tartufo Bianco d’Alba e rassegna enogastronomica “Alba Qualità”

Dal 10 ottobre all’8 dicembre 2020, il sabato e la domenica: 9.30 – 19.30.

Aperture straordinarie: 7-8 dicembre

Alba, “non solo tartufi”

Ricca di storia e di grande rilievo dal punto di vista economico, Alba è uno dei fiori all’occhiello della provincia di Cuneo e di tutto il Piemonte.

La città fa inoltre parte dell’incantevole comprensorio delle Langhe, la storica regione piemontese a cavallo tra le province di Asti e di Cuneo inclusa nel 2014, insieme a Roero e Monferrato nella lista UNESCO dei beni Patrimonio dell’Umanità.

L’antica città di Alba (sembra che il territorio fosse abitato già in epoca neolitica) sorge in larga parte sulla riva destra del fiume Tanaro, in una zona pianeggiante circondata da colline ricche di vigneti.

Il comune, seppur non grandissimo (poco più di 30mila abitanti), offre numerose e pregevoli attrazioni: luoghi d’arte e religiosi, palazzi d’epoca, le famose torri e, ovviamente, una ricca tradizione gastronomica e vinicola.

Di pregio monumentale, nella città, sono sicuramente la Cattedrale di San Lorenzo, costruita tra il 1486 e il 1517 in stile gotico utilizzando caratteristici mattoncini rossi.

 La Chiesa della Maddalena è un  altro bellissimo edificio religioso eretto nella seconda metà del XVIII secolo in stile barocco piemontese mentre l’antico Palazzo Comunale, nel cuore della città, è stato riedificato su preesistenti edifici costruiti dai romani.

Alba, soprannominata anche  la “città delle cento torri”, è però nota  soprattutto per l’elevato numero di torri costruite  nel corso dei secoli a scopo difensivo. Delle torri rimaste attualmente, le tre più importanti e meglio conservate sono la Torre Bonino, la Torre Astesiano e la Torre Sineo, tutte risalenti al XII secolo.

 Altri importanti e splendidi monumenti della cittadina sono  la chiesa gotica di San Domenico risalente al XIII secolo (si racconta che l’edificio, in tempi passati, fosse stato usato da Napoleone come stalla per i suoi cavalli), e la chiesa di stile baroccheggiante di San Giuseppe, realizzata nel 1643 e con, all’interno, un pregiato organo del Settecento.

Enogastronomia di eccellenza

Naturalmente non è possibile parlare di Alba, una delle capitali della gastronomia piemontese ed italiana, senza parlare di cibo e delle numerosissime specialità che si possono assaggiare nei vari ristoranti della zona come i tajarin al burro, la carne cruda all’albese (fettine di vitello piemontese condite con olio, pepe e scaglie di grana), il vitello tonnato, il flan di verdure, i ravioli di carne mista, la bagna cauda, la finanziera (ricetta contadina a base di frattaglie).

Molti di questi piatti, ovviamente, vengono arricchiti dal famosissimo e buonissimo Tartufo Bianco di Alba.

E non dimentichiamo i rinomati vini prodotti nella zona come il Barbera d’Alba DOC!

Roberto Timelli

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui