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Le conseguenze del buonismo di stato

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Il fenomeno migratorio sta assumendo significative ripercussioni sia sulla popolazione sia sul nostro territorio con conseguenti pesanti problematiche. 

Questo fenomeno imperversa con la forza dirompente di chi ha fame.

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Ma quanto è vera questa fame?

In alcuni casi è vera e tangibile, in molti altri è pretestuosa.

Nella mia Milano, in diversi quartieri, il problema derivante dalla coesistenza di molteplici etnie è avvertito in modo molto consistente e sta creando fra gli abitanti una diffidenza dovuta, soprattutto, all’ostentata tracotanza di molti migranti.

Questo stato di cose crea palesemente insicurezza e, conseguentemente, la sperata integrazione diventa molto problematica a causa delle molte criticità e sfaccettature socio-culturali.

Il mantenimento delle tradizioni e della cultura della terra di origine è un fattore assolutamente comprensibile.

Purtroppo però, gli immigrati, soprattutto quelli di religione islamica, denotano una vera e propria volontà di imporci la loro cultura ed il loro stile di vita.

La nostra innata propensione all’accoglienza e propensione all’aiuto  vengono spesso e volentieri, da loro, percepite come segno di nostrana debolezza e, conseguentemente, hanno la convinzione di poter sostituire le loro tradizioni e culture alle nostre.

Le polemiche sul Presepe, i canti natalizi, nonché il polverone sollevato riguardo al crocefisso nelle aule scolastiche e negli ospedali, comprovano ampiamente quanto detto.

La mia attività di formatore manageriale e consulente di direzione mi consente di venire in contatto con alcuni fenomeni socio-economici e la convivenza multietnica è tra questi.

Ad esempio nei quartieri non solo periferici ho avuto modo di toccare con mano le conseguenze di questo atteggiamento.

Infatti la maggior parte di loro vive e svolge la propria attività imprenditoriale senza uniformarsi al nostro modo di essere.

Di fatto costituiscono comunità etniche chiuse, rendendo, in tal modo, molto complicata la comunicazione con l’esterno.

Ad aggravare la situazione è l’approssimativa conoscenza della lingua italiana che comporta non poche difficoltà nello scambio di informazioni anche di una certa importanza economico-sociale.

Inoltre anche i loro figli, nati in Italia e frequentanti regolarmente le nostre scuole di ogni ordine e grado non hanno, purtroppo, alcun interesse a conoscere le nostre consuetudini e la nostra cultura.

Purtroppo ad onta della loro strafottente ignoranza il nostro sistema scolastico concede loro non solo la promozione ma anche la maturità.

Ci stiamo ritrovando, conseguentemente, con una massa di diplomati analfabeti sostenitori di  questa classe politica che, succube dei potentati economici  e dell’asse finanziario cino-islamico  stanno facendo dell’Italia la testa di ponte per l’islamizzazione dell’Europa, come auspica il turco Erdogan.

Infatti gli extracomunitari fra loro parlano arabo, cinese, cingalese, bangli (idioma del Bangladesch), urdu (idioma pakistano), tagalog (idioma filippino) castigliano (spagnolo sudamericano), ignorando bellamente la nostra lingua (che, per altro, viene sempre più impoverita da assurdi neologismi americaneggianti).

Stili di vita e fondamenti religiosi diversi sono la causa delle risse che scoppiano tra ragazzi appartenenti ad etnie diverse ingenerando,soprattutto nei pochi residenti italiani, timori e insicurezza.

I precetti coranici vengono imposti a mogli e fidanzate italiane che, condizionate dal sentimento, abiurano il cristianesimo e passano all’Islam.

Purtroppo quando si affievolisce il sentimento (usato per mascherare l’attrazione fisica) iniziano le difficoltà di vita sociale a causa della difficoltà ad accettare supinamente stili di vita estranei alla nostra cultura.

Anche gli imam, che tengono i loro sermoni in arabo,  incoraggiano i seguaci del Profeta a cercare, in tutti i modi, di convertire all’Islam il maggior numero possibile di  cristiani con cui hanno relazioni sociali e/o professionali.

Nel loro approssimativo italiano, cercano in tutti i modi di dimostrare che  il Corano è migliore del Vangelo e che Allah è il vero Dio e che i  cristiani sono degli infedeli al limite della blasfemia.

Va sottolineato, inoltre, che l’espandersi di questo fenomeno socialmente disgregante è dovuto anche alle posizioni assunte dalle gerarchie ecclesiastiche nei confronti dei migranti.

Nella sua “lectio magistralis” tenuta a Ratisbona il 12 settembre 2006, Papa Benedetto XVI non solo ha chiarito le contraddizioni interne dell’Islam contemporaneo, ma ha anche aperto un terreno di dialogo e confronto tra Islam e Cristianesimo e la cultura occidentale.

Il Pontefice emerito ha parlato delle radici ebraiche, greche e cristiane della fede dell’Europa, spiegando perché sono diverse dal monoteismo islamico.

Il suo discorso conteneva una citazione dell’imperatore bizantino Manuele II Paleologo che recita “Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane”. 

Ratzinger proseguì, poi, puntando il dito sul dramma del nostro tempo; infatti  per la prima volta nella storia della Chiesa cattolica un Papa ha discusso di Islam senza ripetere le solite banalità, facendo ciò che nel mondo islamico è vietato fare, ovvero discutere liberamente di fede, affermando, in buona sostanza, che Dio è diverso da Allah.

Diversamente da Papa Benedetto, Papa Francesco ha dato l’impressione di sottovalutare il proselitismo islamico.

Infatti si è recato in Egitto, che è una nazione di oltre cento milioni di abitanti di cui il 90% sono di fede islamica, ove ha incontrato appena trentamila persone

Quando si è recato ad Abu Dhabi (Emirati Arabi Uniti), in cui convivono una dozzina di riti cattolici orientali, è stato accolto con salve di cannone (il portatore di messaggi di fratellanza salutato con armi da guerra).

In quell’occasione monsignor Paul Hinder, cappuccino di origine svizzera intervistato da Avvenire, disse “I diversi riti sono una ricchezza eccezionale, ma costituiscono anche una sfida quotidiana, perché si devono superare le diverse sensibilità per restare uniti e parlare a una voce sola in mezzo al mare di islam in cui si è circondati”.

Il fatto di parlare una sola lingua dall’Iraq ​al Marocco ed essere in maggioranza praticanti, ha creato nei musulmani che vivono in Italia la convinzione di avere il potere in mano in quanto sono l’unica entità sociale in grado di primeggiare potendo contare su un tasso di natalità di tre figli per coppia mentre la nostra media è di mezzo figlio per coppia.

Inoltre si sentono i difensori di una morale messa sempre più in discussione dalle teorie filosofiche relativistiche, da loro interpretate come dissoluzione dei costumi della società italiana che a loro appare, talvolta a ragione, corrotta ed immorale.

Analizzando la nati-mortalità delle attività economiche milanesi si nota come le imprese che muoiono sono superiori alle neonate.

Queste ultime, nel 90% dei casi, sono aziende artigiane costituite da extracomunitari.

Si ha ragione di temere che questa situazione venga creata ad arte da un asse finanziario cino–islamico.

Non è azzardato ritenere che la Cina abbia interesse ad acquistare, a basso prezzo, il maggior numero possibile di eccellenze imprenditoriali italiane che attraversano difficoltà, anche gravi, anche per l’assenza di una politica industriale del nostro Governo.

Non è velleitario presumere che l’Islam tenda a coronare il sogno di far sventolare la bandiera islamica sul Vaticano mediante il condizionamento politico da un canto ed il sostegno economico alle teorie relativistiche dall’altro. 

I fondi confluiscono nelle moschee travestite da associazioni culturali, grazie agli ingenti quantitativi di petroldollari elargiti dai ricchi Stati islamici.

A complicare la situazione vi è anche il fatto che fino a vent’anni fa la nostra bilancia dei pagamenti era in attivo grazie agli emigrati che, producendo ricchezza all’estero, spedivano soldi in Italia.

Oggi la situazione è ribaltata poiché gli immigrati producono ricchezza (frequentemente in nero) in Italia e spediscono soldi nei loro Paesi di origine.

La conseguenza è un indebolimento finanziario dell’Italia nei contesti internazionali con le inevitabili ripercussioni sulla qualità dei servizi erogati dalla Pubblica Amministrazione.

Il peggioramento della qualità della vita complica le relazioni sociali in quanto gli italiani, sovente ignavi e disinformati, sono portati a pensare che gli immigrati siano la sola causa di questo deprecabile fenomeno. 

Il covid 19 ha peggiorato la già precaria situazione dando ulteriore spazio alla criminalità organizzata soprattutto d’importazione da un canto e generando supina rassegnazione negli italiani, dall’altro.

Il Governo Conte, enfatizzando le conseguenze della pandemia, ci induce a conferire il nostro cervello all’ammasso attraverso la subdola comunicazione subliminale grazie al supporto dei mezzi di comunicazione, specie di servizio pubblico, che lo assecondano diffondendo:

  • diversi mantra del tipo “andrà tutto bene” e “stiamo uniti”
  • le ideologie dei sostenitori  della povertà felice
  • più volte sceneggiati triti e ritriti
  • il pensiero di chi esalta la bellezza del vivere in campagna
  • dottrina
    • del come eravamo bravi quando eravamo poveri
    • chi  sostiene che il  rispetto della natura  cominci o dall’uso di velocipedi e dal lasciare a casa l’automobile  propugnata, ad esempio, da Eni (azienda strategica che produce sopratutto idrocarburi).

Mi punge vaghezza che ci stiano preparando, indottrinandoci, al fatto  che non ci saranno più soldi per il carburante e la manutenzione degli autoveicoli.

Maurizio Turoli

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